Il bubbo cine

Ohne dich ist alles doof


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Extremely loud & incredibly close

Stavo pensando che scegliere un libro è un po’ come scegliere un ragazzo.
Ci sono libri che scelgono te senza che tu riesca a farci niente, libri di cui ti hanno parlato benissimo le tue amiche a cui decidi di dare una possibilità ma dopo le prime 30 pagine inizi a chiederti quand’è che diventa interessante, ci sono libri che scegli da internet a scatola chiusa, ci sono libri che scegli perché hai già letto un libro dello stesso autore ma sono una delusione (la solita storia della minestra riscaldata che non è mai buona..), ci sono libri che apprezzi dopo dieci anni e ti penti di averli letti quando eri troppo piccolina, e poi ci sono libri di cui ti innamori subito, anche se sono messi in mezzo a uno scaffale con un milione di altri libri e sono lì, un po’ timidi e nascosti in un angolino, ma il tuo occhio ci va sopra, legge il titolo, legge il nome dell’autore e ti ritrovi a pensare “ma perché non l’ho ancora letto?” e mentre lo prendi e lo porti alla cassa accarezzi la copertina perché le lettere sono in bassorilievo e lo vedi quasi sorridere e dirti “ottima scelta!”. E sai subito che è quello giusto perché ora che ce l’hai fra le mani ti senti già più protetta.

Ecco questo è stato più o meno quello  che mi è successo ieri con “extremely loud & incredibly close” di Jonathan Safran Foer, uno di cui ho sentito parlare bene da chiunque ma di cui, per colpa della mia solita spocchia, non ho ancora letto niente. Un po’ anche perché mi piace arrivare sempre in ritardo.
Quello che so della trama è che il protagonista è un bambino, una specie di Manny di Modern Family per farla breve, che trova una chiave lasciata dal papà ucciso negli attacchi alle Torri Gemelle e che cerca per tutta NY di capire cosa apra questa chiave.
In tutto questo c’è la storia.
In tutto questo ci sono le foto del bambino, ci sono i suoi disegni e c’è il layout più fuori di testa che io abbia mai visto in un libro.

Per dire, questo è il primo libro in anni che mi tiene sveglia fino a tardi. Come direbbe la Arcuri “è bellissimo”. Così, solo perché volevo mettere Arcuri e Safran Foer nello stesso post.


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Gioca il giusto

Giuro che “gioca il giusto” detto alla fine della pubblicità del Superenalotto è una delle frasi più idiote e approssimative che io abbia mai sentito, persino più idiota di “bevi con moderazione” alla fine della pubblicità dell’amaro Averna.

Il giusto..

Quant’è giocare il giusto? Qual’è il limite giusto che lo Stato ci consente di spendere senza essere tacciati di dipendenza? Una schedina per ogni estrazione?Non so, una ventina di euro al mese regalati allo Stato?Si forse si intende questo..
Ma andatelo a spiegare alle signore che buttano la pensione dal tabaccaio sotto casa.

 


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Sanremo 2011

Avevo tante cose da dire su questa edizione del Festival di Sanremo, ma poi mi sono resa conto che Pop Topoi le aveva appena scritte.

Pop Topoi, meno male che ci sei tu!

Cito una cosa a caso:
Luca Barbarossa e moglie di Alonso. Poverini, quando hanno scritto questa canzone avevano solo un dizionario di italiano abridged. “Amore, dolore, cielo, mare, sole.” La risposta a Giò di Tonno e Lola Ponce che non avevamo chiesto.

L’appuntamento è a questa sera qui.


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welcome back Polly

Non sono mai stata una fan sfegatata di Pj Harvey, se non per un breve periodo durante l’adolescenza, quel momento in cui il classico amico più grande ti apre le porte del favoloso mondo della musica indipendente con quelle compile registrate nelle cassette, che un giorno, a quasi 30 anni, ti ritrovi a sbucaltare tutta la camera per cercare di capire dove diavolo siano finite perché “di sicuro, io non l’ho buttata.”

Dicevamo, PJ Harvey è tornata e a giudicare dai primi ascolti, direi alla grande. “Let England shake” è un album meraviglioso, sicuramente uno dei modi migliori per iniziare l’anno.
Si può ascoltare integralmente qui.

Per ora In the dark places è la mia preferita, ma, conoscendomi cambierò idea altre mille volte.